domenica 13 ottobre 2013

Una serie di post da fb (per chi non li avesse letti).

Pensieri post sbronza #1

Le dita della mano destra si muovono.
Il pollice e l'indice, in costante contatto da convivenza forzata, fanno piccoli scatti nervosi. Come due fidanzati che litigano per la mancanza di spazio vitale.
Il mignolo, invece, ha movenze circolari sinuose, sensuali. In assenza del suo vicino anulare si sente solo, e cerca di attirare l'attenzione del medio che è l'unico fermo nella sua imponenza. Nichilista e cinico spietato, conosce bene i suoi molteplici significati e li sfrutta.
La sa lunga il medio.


Pensieri post sbronza #2

Un ragazzo filippino di nome Brian che ho provato in questi giorni come possibile sostituto del mio attuale assistente, e al quale oggi ho comunicato che non è adatto per il tipo di lavoro, mi sta tempestando di chiamate e messaggi minatori in cui si augura la mia morte.
Se mi dovesse succedere qualcosa, sapete chi è stato.


Pensieri post sbronza #3

Ho freddo. Ho caldo. Ho l'acidità. Ho mal di stomaco. Mi bruciano gli occhi. Mi fa male l'avambraccio destro. Ho sonno. Sono nervoso. Sono contento. Ho la nausea. Mangio una cosa. Non berrò mai più un goccio di alcol in vita mia. Ho voglia di un bicchiere di vino. Non voglio parlare con nessuno. Mi sento solo e abbandonato.
Alla mia età, ecco cosa si intende per hangover.


Svelato il mistero sulle telefonate notturne da numero sconosciuto. Guarda caso ieri alle 23 e 30 ne ho ricevute sei di fila. Se uno più uno fa due, non poteva che essere Brian il filippino stalker. Ho rischiato di mettermi in casa uno psicopatico di prima categoria. E me lo avevano anche caldamente consigliato:''E' un bravo ragazzo''. Solo un tantino bipolare.


Lo stalker, anzi lo stronzo continua a chiamare da numero anonimo. Ieri, però, mi sono iscritto al sito Whooming che svela i numeri di tali chiamate. Indovinate un po' di chi si tratta? Sono andato dai carabinieri i quali mi hanno consigliato di preparare un esposto che consegnerò domani. In questo modo loro possono telefonargli e diffidarlo dal continuare con le ''molestie telefoniche'' (nome del reato). Se non viene a uccidermi, vi terrò informati.


Lo stronzo insiste. Ore 6 e 53 stamattina, e io ho dormito due ore. I carabinieri mi hanno rimandato a domani perché oggi non c'è il comandante che deve ratificare l'esposto. E' all'Angelus del papa, e io bestemmio.

sabato 20 luglio 2013

Breve racconto estivo #1

Una vecchia ape arancione su tre ruote sfrecciò lungo la strada sconnessa che costeggiava il ristorante. Sul cassone, insieme a qualche scatolone sistemato ordinatamente, sedeva un ragazzino grassottello dalla carnagione scurissima, abbronzata da ore sotto al sole. Aveva una maglietta verde militare maculata e teneva le mani premute sulla bocca, e gli occhi serrati in modo innaturale carichi di tensione – come se stesse pregando di arrivare salvo a destinazione.
Sul marciapiede davanti al ristorante un uomo anziano, al contrario, camminava lentamente – quasi conservasse le energie che il caldo consumava in fretta – scrutando le immediate vicinanze con due occhi celesti luminosi come il cielo terso che lo sovrastava. Una piccola bottiglia di plastica blu da mezzo litro semivuota, appoggiata su un mobile di legno con vetro semicircolare, di quelli che si usano per tenere il pesce in bella vista, attirò la sua attenzione. Contrariato da quell’immagine, forse al suo sguardo stonava con il mobile e anche con il muro giallo sbiadito, si fermò e la afferrò con una velocità sorprendente se paragonata all’andamento claudicante che aveva sfoggiato fino a quel momento. Con un movimento altrettanto veloce la lanciò verso un secchio quadrato distante un paio di metri, facendo centro al primo colpo. Lo sguardo soddisfatto e ammiccante che lanciò verso il cameriere, che aveva seguito tutta la scena immobile sulla soglia con le mani dietro la schiena, e adesso contraccambiava con una smorfia quasi identica, dimostrava che l’anziano non era nuovo a questi piccoli sprazzi di vitalità inaspettati.
Di tutto questo Anna non si era curata, o forse non si era proprio accorta talmente era concentrata sul vuoto che la lacerava interiormente. Si era appena seduta a tavola con padre e fratello. Aveva lunghi capelli scuri mossi, legati senza un ordine preciso, e quattro o cinque trecce rasta le pendevano sulla spalla destra. Carnagione scura di natura, aveva un viso dai lineamenti dolci – nonostante l’espressione funerea – e due splendide labbra carnose con piercing di lato. Di orecchini ne aveva anche uno al naso e diversi su entrambe le orecchie; un paio di ciondoli con filo di cuoio legati al collo e una canottiera bianca con disegno indecifrabile sul quale si stagliava la scritta: ‘Pretty’.
Era diversa da suo fratello, più curato nel vestiario e con la faccia pulita e priva di ninnoli. Era diversa e basta, e non ne faceva mistero. Sedeva alla destra del padre e lo disprezzava, neanche di questo faceva mistero. Immobile, mentre il cameriere sistemava la tovaglia e apparecchiava la tavola, l’unico fugace abbozzo di sorriso le illuminò il volto quando incrociò lo sguardo di un cane disteso accanto al tavolo vicino. Ma fu troppo fulmineo per essere notato, e si perse nel nulla dei discorsi provenienti dagli altri tavoli che facevano da colonna sonora indefinita di quel momento – che lei aveva già dimenticato prima ancora di averlo vissuto, o così avrebbe voluto. Teneva il menù tra le mani appoggiato sul tavolo, con l’espressione di chi potrebbe piangere da un momento all’altro, tanto che il fratello non riuscì a resistere:
«E’ davvero così triste? Se vuoi cambiamo ristorante»
«Alici e gamberi rossi crudi, e basta», pronunciò la frase guardandolo dritto negli occhi, facendogli intendere che non era il caso di avventurarsi in battute inutili. In realtà Michele, così si chiamava il fratello, avrebbe voluto solo migliorare un po’ il suo umore. Si sarebbe accontentato della metà di quel sorriso lampo dedicato al cane. Le voleva bene, e quella tristezza ostentata come un vestito elegante lo feriva, lo spaventava.
«Sei sicura di non volere altro? Mi sembra un po’ poco, di questo passo sparirai», sentenziò il padre senza rivolgerle lo sguardo.
«Da quando in qua ti interessa quello che mangio?», lei invece lo guardava, come lo stesse sfidando.
«Da quando sei nata. Tua madre non sarebbe felice»
«Si direbbe non fosse troppo allegra neanche prima, altrimenti non si sarebbe buttata dal quarto piano».
Pronunciò la frase con rabbia, senza un filo di tristezza negli occhi. Voleva fargli male, vederlo sanguinare, riempire ogni poro di quel corpo con lo stesso senso di colpa che provava lei, come se il dolore che già lo consumava non fosse abbastanza.
Dopo quella morte improvvisa e inaspettata, si era concentrato sul lavoro. Restava in azienda più del necessario, cercando di accumulare impegni, caricandosi anche quelli che non gli spettavano. Tutto per passare meno tempo possibile in casa, per non affrontare discorsi con i figli. E il pranzo domenicale era un’altra scusa per restare fuori da quelle mura dense di ricordi – dove ora aleggiava anche l’ombra del tradimento - di certo non un’occasione per cercare un dialogo con chi ancora gli rimaneva accanto e aveva bisogno di un appiglio a cui aggrapparsi. Non aveva capito niente, neanche il minimo sentore dell’imminente tragedia, e questo lo devastava a tal punto da non riuscire a parlarne con nessuno. Rimase impassibile. Non alterò un muscolo facciale, né gli comparve una luce diversa negli occhi, e neanche un pensiero di rivalsa gli attraversò il cervello.
Il silenzio cadde su di loro come una fitta nebbia marina che attutiva anche i rumorosi discorsi provenienti dagli altri tavoli. I tre uniti dal vincolo famigliare e dalla tragedia, non erano mai stati così lontani. Lo squillo del telefono di Anna dissolse di colpo la nebbia, almeno la sua. Guardò il display illuminato e così si fece il suo viso: era lui, l’unico che dava ancora un briciolo di senso alla sua esistenza.
«Ciao!»
«Ciao, dove sei?»
«A pranzo in città, tu?»
«Io ancora lontano, non credo che riuscirò a scendere prima di un mese. Mi hanno allungato il turno»
«Ma avevi detto che saresti arrivato entro due giorni»
«Non dipende da me lo sai, e poi ho bisogno di soldi»
«Ora non posso parlare, ti chiamo dopo?»
«No, ti chiamo io appena posso».
La linea le cadde addosso come un pesante macigno. La luce del display si spense e così il suo viso. Neanche l’ultimo sguardo scambiato col cane le strappò un sorriso.
L’uomo anziano passò di nuovo davanti al ristorante ma nella direzione opposta, mantenendo sempre la stessa lenta andatura claudicante. Non c’erano bottiglie ad attirare la sua attenzione, e i suoi occhi celesti non scrutavano più le immediate vicinanze. Guardava dritto davanti a se, perso in chissà quali ricordi ormai lontani.






martedì 2 luglio 2013

News

Oggi su LUnità esce un mio racconto inedito, e non dite che non vi tengo informati. (In realtà è uno dei primi pezzi del blog, ma vederlo su un quotidiano fa un certo effetto).

mercoledì 26 giugno 2013

Prossime e, per fortuna, ultime date:
- Lucca per il Premio Lucca, venerdì 28 giugno.
- Viterbo al Festival Caffeina il 1 luglio.
- Gavoi (Sardegna) al Festival letterario dal 5 al 7 luglio.

Poi, finalmente, mi eclisserò per una meritata e lunga vacanza. E, nel contempo, posterò succulenti racconti estivi. A presto

mercoledì 5 giugno 2013

Ho accettato, presto saprete dove trovarmi. Comunque questo blog continuerà a esistere, su Repubblica dovrò essere più breve quindi mi sfogherò qui quando avrò post più succulenti. Grazie a tutti per la spinta positiva!

venerdì 24 maggio 2013

Dubbio

Ho da sottoporvi un quesito che riguarda una decisione che devo prendere a breve. Ho la possibilità di trasferire il mio blog su Repubblica.it. Il lato negativo è che qui scriverò più raramente (già lo faccio poco); il lato positivo è che su Repubblica devo scrivere uno o due post a settimana, più brevi di quelli che scrivo qui, e che il blog sarebbe molto più seguito. Di conseguenza le mie piccole denuncie arriverebbero a molte più persone. E' chiaro che non chiuderò questo blog, rimarrà dedicato alla sfera più intima (i deliri, i racconti, i resoconti dei viaggi): che ne pensate? Oltretutto mi pagherebbero anche, non molto ma di questi tempi...

giovedì 18 aprile 2013

Aperitivo con Autore

Sono stato a Montepulciano. Mi hanno invitato all'ultimo appuntamento, dopo quattro anni di attività, di ''Aperitivo con Autore''. Un meraviglioso evento organizzato e presentato da Olivia La Pegna. Mi hanno accompagnato in questa serata il mio grande amico e incredibile pianista Andrea Pesce (detto Fish), e l'attore Andrea Bosca che è stato per me una felice scoperta sia a livello professionale che (soprattutto) umano. Io e Fish siamo partiti sabato mattina da Roma, come ci è capitato di fare molte volte in passati tour musicali, insieme al mio assistente Giorgio e a una mia cara amica. Dopo un paio d'ore di crociera autostradale e qualche chilometro di super strada, siamo arrivati a S.Albino: un paesino vicino Montepulciano dove si trova l'agriturismo 'Podere Monti', nostro alloggio notturno. Arrivando da una strada sterrata, sorpassato un piccolo cimitero che ti faceva venir voglia di morire tanto era accogliente, ci siamo ritrovati in un piccolo paradiso (appunto). Prati curatissimi sommersi di margherite bianche, salici piangenti, una bella piscina, un meraviglioso casale in pietra e la simpatica padrona di casa ad accoglierci. Appena entrato in stanza la seconda folgorazione: un letto a cinque piazze in ferro battuto che mi è venuta subito un'irrefrenabile voglia di saltarci sopra in stile Fosbury (quello del salto in alto). A completare l'arredamento minimale, un vecchio armadio e una vecchia scrivania con secretaire scorrevole di lato, qualche quadro sull'unica parete liscia e luci piazzate a dovere (a terra sotto la parete in pietra e sul soffitto). Il posto perfetto per scrivere. Oltretutto anche il bagno era accessible senza volerlo essere, per culo. Posati i bagagli, ci siamo subito diretti verso l'antico ''Caffè Poliziano'', luogo dove si svolgerà la presentazione e dove abbiamo appuntamento per pranzo. Si tratta di un locale arredato decò con una vista mozzafiato, dove sono transitati grandissimi autori del passato. Le mura testimoni di questi passaggi, infatti, emanano un'energia particolare. In realtà c'è stato un siparietto iniziale prima di arrivare: dopo una serie di telefonate con Olivia, mentre ancora viaggiavo in autostrada, ci siamo accordati sul fatto che, arrivato all'agriturismo, avrei trovato Andrea Bosca e Antonella, la sua compagna, e li avrei portati a Montepulciano. Il casale, tolta la proprietaria, sembrava silenzioso e deserto. Per sicurezza ho chiamato Andrea, ma il telefono squillava a vuoto. Ho chiamato Olivia, ma il suo non prendeva. Ho immaginato che Andrea fosse andato con lei. Mi sono avviato. Ho immaginato male, a metà strada mi squilla Andrea: se la dormiva bellamente in stanza senza suoneria. Mi sta già simpatico.
Come dicevo, il locale è molto bello e suggestivo. Fish si è sistemato al pianoforte e sono bastate poche note per farci sentire subito ambientati. Abbiamo pranzato, fatto prove microfoni, posizioni e un accenno di scaletta musica/letture, e ci siamo presi un'ora di tempo per guardarci intorno. Montepulciano è una rocca in salita, ma una salita ripidissima. Diciamo che ho avuto la possibilità di muovermi in un raggio di cinquanta metri dal caffè, senza rischiare di partire come un proiettile e schiantarmi su un muro. Era difficile anche per chi cercava di spingermi. Per di più c'era una gara di corsa, con tanto di corridori numerati, che sfilavano in salita distanziati di alcune decine di metri. Ti accorgevi del loro arrivo dai rantoli di diversa intensità, alzavi lo sguardo e incrociavi questi volti costernati, consumati dalla fatica, che sembravano chiedersi: ma perché ho partecipato? Voglio davvero morire? C'è il sole, fa caldo, ma non era meglio un pic nic? Se non avessero indossato i numeri, avrei pensato a una processione di penitenti per un santo sadico del posto. Un gruppo di otto ragazzi, senza numeri, correva facendo rotolare un'enorme botte (vuota voglio sperare) in salita, spingendola due per volta e dandosi il cambio ogni tanto. Un allenamento che neanche Rocky sarebbe arrivato ad architettare. Puro masochismo.
Per riprendermi da tanta sofferenza, altro che riabilitazione svizzera, mi sono piazzato di nuovo nel caffè poliziano e ho ordinato tè verde e pasticcini. Questo sì vero sport. Ho fatto appena in tempo a gustarmi la merenda e a recarmi alla toilette, che è arrivato il momento di entrare in scena. Voglio riassumere la presentazione con una parola: magica. Si è creata un'alchimia istantanea tra di noi (non avevamo mai interagito) e il numeroso pubblico presente, che ha trasportato la serata in volo, rendendola interessante, divertente, intensa e a tratti commovente. Mi sono ritrovato a ridere e a commuovermi (dentro...) mentre Andrea leggeva estratti del libro, che ormai dovrei conoscere bene (...). Segno che è stato bravissimo. Le musiche suonate da Fish si sono intrecciate come radici di mangrovie, e hanno giocato con i testi accompagnandoli dolcemente. Olivia ha saputo dettare il tempo degli interventi con grande maestria, affrontando argomenti importanti anche al di fuori del romanzo. Insomma: un successo. Tutte le presentazioni dei libri andrebbero fatte così, ci sarebbe molta più partecipazione e coinvolgimento. Alla fine mi sono goduto la firma dei libri e le interessanti chiacchiere di alcune persone. Su tutte Cristina, che ha tirato fuori una teoria geometrica dei sentimenti legata al libro semplicemente fantastica (grazie!). Un assessore molto simpatico mi ha regalato un'enorme bottiglia di vino Nobile di Montepulciano col mio nome sull'etichetta, stupenda. E abbiamo terminato con un'ottima cena annaffiata da eccellenti vini Luna D'Oro offerti da Gigliola e Dario. Il giorno seguente, dopo una colazione nel paradisiaco giardino dell'agriturismo, siamo stati ospiti per un pranzo d'altri tempi (pici al ragù, agnello e pollo cotti nel forno a legna) con vista su vallata a casa di Simonetta e Mario, amici di famiglia, che hanno terra e case a Montepulciano. Credo sia stato il finale perfetto di due giorni incantevoli.
P.S. Il vero finale se lo merita, però, la mia amica Ilaria del blog 'Il pesce volante'. La ragazza si è fatta ore e ore di macchina da Vicenza insieme al compagno, solo per venire a conoscermi di persona. Non contenta mi ha anche regalato un libro, 'Sinapsi' di Matteo Galiazzo, autore del quale non conoscevo l'esistenza che mi ha immediatamente rapito con i suoi racconti. Ilaria: hai vinto tu, grazie!!

mercoledì 13 marzo 2013

Un'estate anomala (quarta e ultima parte)

Si presenta puntuale. La prima domanda esce senza possibilità di controllo, ancor prima delle presentazioni rituali:
«Ma quanto sei alto?».
Per passare dalla porta della mia stanza ha dovuto abbassare leggermente il capo.
«Due metri e otto».
Si chiama Marco, ha capelli e barba rosso acceso e, ovviamente, lentiggini. Ha giocato a basket professionalmente (non ho dubbi) e porta il numero cinquantaquattro di scarpe. L’altra domanda che mi balena per un attimo nella testa, e che evito di porre vocalmente, è inutile che la scriva. Avrete già capito immagino. Non avete capito? Va bene allora ve la dico: se è alto due metri e otto, e porta cinquantaquattro di scarpe, la proporzione di quello che nasconde nei pantaloni dovrebbe essere notevole. Non che mi interessi particolarmente, ma come si fa a non pensarci!? E non fatemi il classico segno con pollice e indice sulle presunte dimensioni di chi è troppo alto, non è vero. Quello vale per i cultori dei muscoli, non per i giganti. Dopo questa parentesi ai limiti del cattivo gusto, torniamo a cose più serie. Il ragazzone mi racconta che ha già lavorato con una persona disabile e che ha gradito l’esperienza (chissà se anche il disabile ha gradito). Vorrebbe continuare a farlo. Gli spiego minuziosamente il tipo di lavoro (ormai è come se recitassi un testo teatrale) e iniziamo subito con la pratica. Ho già avvertito Eric del possibile avvicendamento, spiegandogli che è un’occasione molto rara e non posso lasciarmela sfuggire. Marco segue con attenzione le operazioni base: il trasferimento sul letto, la pipì. Poi inizio a mostrargli dove tengo il materiale medico, gli asciugamani e via dicendo. E’ venerdì, lui può iniziare fisso da lunedì. Io ho intenzione di partire per Ibiza martedì. Va bene, penso, la prova la faremo in vacanza. E’ italiano, sembra anche sveglio, non può andare male. E poi c’è tutto lunedì per provare. Per di più i miei amici di Ibiza sono abituati ad aiutarmi, ha tutto il supporto necessario. Passiamo il lunedì a preparare le valigie e organizzare il viaggio. Scopro due cose: gli piace mangiare e quindi cucina bene (molto positivo); è di chiacchera facile, con ragionamenti tendenti al banale (molto negativo), ma potrebbe essere tutto dettato dal fatto che si tratta del primo giorno di lavoro. L’emozione, la novità, il brivido della partenza. Arriviamo in aeroporto con grande anticipo e, grazie alla comprensione di un’addetta al check in, riusciamo a imbarcare tutte le valigie senza pagare sovrappesi (che indubbiamente c’erano). Il trasferimento dalla sedia a rotelle da aereo alla poltrona, nonostante l’aiuto degli addetti, è disastroso. La regola incomprensibile della compagnia low cost su cui viaggio, è che devo sedere nel posto finestrino, per non intralciare in caso di evacuazione (in che modo intralcerei rimane un mistero). Per farmi arrivare fino lì, mi appoggiano e tirano su tre volte. Il risultato è che mi ritrovo i pantaloni storti e calati a metà chiappa. I due operatori si dileguano alla velocità della luce e Marco, non ancora esperto nei movimenti da fare, riesce a tirare un pochino su i pantaloni ma non a raddrizzarli. Per fortuna il volo è breve, non succede niente se resto così. Mi rassegno. All’arrivo aspettiamo molto a lungo gli operatori spagnoli. Al ritiro bagagli non c’è più nessuno, e non c’è neanche il mio materasso antidecubito. I bagagli sì, il materasso no. Vado a parlare con la tipa che si occupa dei bagagli non pervenuti e scopro che l’oggetto è rimasto a Roma. Domani dovrebbe arrivare. Le faccio presente che è molto importante che lo recuperino al più presto, altrimenti rischio di farmi male (e loro rischiano una denuncia per danni). Una volta fuori dell’aeroporto il materasso è già un ricordo lontano: è una giornata bellissima, calda, con una luce meravigliosa, caratteristica di Ibiza. E sono felice di vedere Andrea, erano più di sei mesi che non ci incontravamo:
«Sticazzi del materasso, mo te porto in paradiso».
Lavora come dj in un ristorante su una delle spiagge più belle di Ibiza: Benirras (la foto del tramonto sul mio profilo fb l’ho fatta proprio lì).
Ha una piccola casa con due stanze e un bagno dietro al ristorante, a cinquanta metri dal mare. Conosco bene il luogo, è forse la spiaggia che amo di più in assoluto. Conto di restare in pantaloncini per tutta la durata della vacanza, senza muovermi mai oltre quei cinquanta metri. Ma non sono qui per raccontarvi l’andamento della vacanza, né per parlarvi della bellezza dell’isola, torniamo quindi al punto focale: l’assistente. Senza usare mezzi termini o giustificazioni, il gigante roscio risulta essere di gran lunga il peggior assistente avuto in sedici anni di disabilità. A volte mi ritrovo a rimpiangere perfino l’umpa (e ho detto tutto). Ha grosse difficoltà a farmi fare pipì: non riesce a stringere il catetere con le pinzette, lo fa sbattere ovunque, tanto che ogni volta ne devo usare due o tre (deve essere fatto in modo sterile, se tocca qualcosa prima di entrare va cambiato). Con il rischio di finirli prima del ritorno a Roma. Nessuno, prima di lui, ha mostrato difficoltà nel portare a termine questa facile operazione. Quando spinge la carrozzina, fatica come se stesse spingendo un trattore in panne (oltretutto mi fa il bagno con la pioggia del suo sudore: che schifo). Ogni volta che deve superare un gradino, gli devo spiegare come farlo altrimenti sbaglia e io rischio di ritrovarmi steso per terra. Dopo l’ennesima spiegazione gli faccio notare, con un leggero rimbrotto, che è impossibile che ancora non abbia capito. Mi risponde piccato:
«Guarda che ho lavorato con una signora in carrozzina per quattro mesi»
«E’ ancora viva?»
«...».
Per di più, spesso mentre cerca di portare a termine una delle operazioni che di solito non riesce a portare a termine, parla da solo ripetendo quello che dovrebbe fare, ma che poi non fa. Inizio a pensare che abbia qualche rotella non proprio funzionante, ma evito accuratamente qualsiasi commento in merito. Il quarto giorno di vacanza, dopo un pomeriggio passato tra bagno e letto per un ‘problemino’ intestinale, mi ritrovo con una sbucciatura all’osso sacro e una perdita di sangue dall’ano che dura tutto il resto della vacanza (deve aver operato lo svuotamento rettale con scarsa delicatezza: e che ti vuoi aspettare...). Da quel momento in poi non posso più fare il bagno a mare, rischio che la ferita peggiori. Resto con un piglio positivo perché non voglio farmi rovinare l’unica vacanza dell’estate, per fortuna ho accanto i miei amici e una schiera di cameriere (quelle del ristorante dove lavora Andrea) molto carine e dolci che mi coccolano tutto il tempo. L’ultimo giorno, dopo aver passato la nottata in un locale (abbiamo l’aereo alle 7 di mattina), arrivati in aeroporto non riesco più a contenermi. Di fronte alla persistente incapacità a infilare il catetere, mi esce fuori il mostro che con immensa difficoltà avevo tenuto a bada per tutta la durata della vacanza. Evito di riportare il monologo per decenza, ma credo che le mura del bagno abbiano tremato per qualche minuto. Sull’aereo non gli rivolgo parola. Una volta arrivati a casa convoco subito il buon Eric, che a questo punto nel mio immaginario ha assunto le sembianze del Santo assistente, e congedo – con grande gioia e soddisfazione - il gigante incapace (sperando di non rivederlo mai più). Purtroppo Eric può restare solo qualche giorno, deve andare nelle Filippine per un lutto famigliare. Mi rimetto subito alla ricerca del sesto assistente in due mesi (un record). La fortuna vuole che lo trovi subito: si chiama Gheorghe (Giorgio per gli amici) e a tutt’oggi è ancora il mio assistene. Su di lui potrei scrivere un libro. A tratti devo assisterlo io (è un po’ rincoglionito), ma almeno è una persona buona e disponibile. Attenti però al suo umorismo, quello inglese non è nulla a confronto. Ma questa è un’altra storia...

sabato 12 gennaio 2013

Oggi 12 Gennaio 2013, sedicesimo anniversario del mio incidente, voglio darvi in esclusiva alcune belle anticipazioni. Innanzitutto sulla destra potete ammirare la bellissima copertina del mio romanzo. Di seguito un elenco di alcune imperdibili date:

-21 Gennaio- Uscita libro.
-23 Gennaio- Ospite di Daria Bignardi alle Invasioni Barbariche.
-31 Gennaio- Presentazione del libro a Fandango Incontro in via dei prefetti 22 (Roma) alle 18.30.

Un'estate anomala (terza parte)

La settimana passa velocemente. Uso la carrozzina per spostarmi tra i vari materassini gonfiabili che ho fatto sistemare in giro per non rimanere chiuso in camera: uno in salotto davanti alla tv e un altro in piscina. L’umpa continua a farsi aiutare dai miei amici. Ho un assistente assistito. Le rare volte in cui si lancia di sua iniziativa a fare qualcosa senza supervisione, combina disastri. Siamo tutti impegnati a controllare che non prenda iniziative e che faccia bene le pochissime cose che gli si chiedono di fare. Forse dovrei stipendiare i miei amici per lo stress da assistenza all’assistente. L’unica nota positiva sono i continui e lunghi bagni in piscina che, oltre a contrastare il caldo torrido d’agosto, sono un ottimo diversivo dalla noia del dover stare steso sui materassi. Il lunedì, come d’accordo, vado al CTO di Ostia dove mi montano uno schienale provvisorio. Scomodo ma almeno posso stare seduto senza correre alcun rischio, in attesa che arrivi l’agognata carrozzina nuova (mi tocca anche agognare per una sedia a rotelle). Mentre si avvicina l’ultimo giorno di lavoro dell’umpa (che sarà una gioia pari alla liberazione dell’Italia dai fascisti), di punto in bianco, si presenta Ramon: non è contento del nuovo impiego e vorrebbe tornare a lavorare per me. Contengo la gioia per evitare eventuali richieste di aumento salario, e mi metto d’accordo sul giorno in cui riprenderà servizio: il cinque di settembre. Non mi sembra vero, dall’inferno del demone umpa sto per risalire nel paradiso del santo Ramon. E infatti non è vero. Inizio a chiamarlo cinque giorni prima di rimanere solo, gli invio una decina di sms, e a due giorni dal congedo del demone non ho ancora ricevuto risposta. Preso dal panico, ricomincio a chiamare le varie agenzie che avevo già contattato senza successo. Sono tutte ancora chiuse tranne una, che mi assicura di avere la persona adatta per il tipo di lavoro. Lo incontro il giorno seguente: si chiama Eric, è filippino e parla inglese. Lo metto subito alla prova e sembra sveglio, e comunque non ho alternative quindi lo prendo. Il giorno seguente arriva l’agognato (questo sì, molto) addio dell’umpa, che prima di andarsene pretende una foto con tutti, anche con il suo sostituto. Evidentemente non gli è mai capitato di guadagnare soldi senza far niente, e vuole una documentazione dettagliata di luoghi e persone che glielo hanno permesso. E’ probabile che diventerà una storia da raccontare ai nipoti, un’esperienza da tramandare come sacro insegnamento: «Se mai vi capitasse una situazione del genere, miei adorati nipoti, non lasciatevela sfuggire!»
Eric impara velocemente. Mia madre gli fa un corso di cucina intensivo al quale, non solo sopravvive (il che porrebbe già a suo favore), ma che mette in pratica con ottimi risultati. L’unico neo, e non di poco conto, riguarda la guida. Nel colloquio aveva dato idea di saper guidare, nelle Filippine guidava un furgone per lavoro, in pratica è pericoloso come un neo patentato e non conosce le strade. Appoggia le mani sul volante in modo innaturale e non tiene gran conto della linea divisoria delle carreggiate. Mi chiedo se nelle Filippine siano tutti sensi unici. Cerco di fargli capire che mi piacerebbe molto evitare un frontale e che è importante tenere la destra, almeno qui da noi si usa così. Per il resto non posso lamentarmi, e mi sembra una persona buona e disponibile. Finalmente sono in grado di programmare un viaggio. Decido di andare a Ibiza. Il mio caro amico Andrea che vive lì da anni, ha una piccola casa a trenta metri da una delle più belle spiagge dell’isola. Si offre di ospitarmi e io accetto con entusiasmo. Voglio passare dieci giorni di totale relax senza spostarmi mai dalla vista del mare, se non per dormire. Conosco bene l’isola e quella parte in particolare che è la mia preferita. Mentre cerco rapidamente due biglietti d’aereo low cost, però, accade l’impensabile. Arriva Osvaldo, il mio fisioterapista, che esordisce così:
«Ho parlato di te con un ragazzo italiano che è molto interessato a farti da assistente».
Lo guardo a bocca aperta, metabolizzo le sue parole e parto con una serie di domande:
«Ma gli hai spiegato il tipo di lavoro? Gli hai detto che deve dormire sempre qui? Che deve aiutarmi nelle faccende più intime? Pulire, cucinare, guidare? Ha già esperienza nell’assistenza? Quanti anni ha? Possibile che un italiano voglia fare questo tipo di lavoro?»
«Gli ho detto tutto. Ha trentotto anni, poi vedi tu. Aspetta una tua chiamata, ti lascio il numero?»
«Certo! Lo chiamo subito».
L’unico assistente italiano che ho avuto in quindici anni è stato Miky, e con lui ho passato cinque anni fantastici. Siamo diventati grandi amici e tutt’ora è il mio jolly quando faccio viaggi intercontinentali. E’ un piacere viaggiare insieme a lui. Non posso farmi sfuggire l’occasione, sarebbe un evento ai limiti dell’incredibile. Lo chiamo e ci diamo appuntamento per il pomeriggio del giorno dopo...