lunedì 11 ottobre 2010

Lennon night

Sabato sono stato a una magnifica serata musicale all’Angelo Mai in onore di John Lennon, che avrebbe compiuto settant’anni. Settanta canzoni riprodotte da diversi artisti. Veramente coinvolgente e affollato come non l’ho mai visto prima. Ho dato appuntamento a Francesca, una mia compagna di classe del liceo che non vedevo da vent’anni. Devo dire che l’incontro è stato davvero emozionante. Il concerto è iniziato verso le nove e mezza e, insieme, sono iniziati a fioccare i drinks. Dopo aver timidamente ordinato una birra, sono passato a un ottimo negroni. Senza rendermene conto e con grande naturalezza, i negroni sono diventati quattro. Francesca non è stata da meno e mi ha tranquillamente seguito. Anzi era lei a fare avanti e indietro dal bar. Verso le due abbiamo deciso che forse era meglio uscire a prendere un po’ d’aria. A quel punto mi sono decisamente reso conto che il quarto negroni era stato il classico bicchiere di troppo. Quello che non dovresti mai bere, che poi te ne penti, ma che alla fine ti bevi lo stesso. Il bello è arrivato quando Francesca mi ha detto:
«Avrei proprio bisogno di sedermi».
Non vedendo posti liberi le ho gentilmente offerto le mie gambe. Si è seduta ma ha immediatamente perso l’equilibrio (chissà perché) sbilanciandosi all’indietro. Per cercare di non cadere si è istintivamente attaccata al mio collo. Risultato: siamo andati giù insieme come due sacchi di patate. Un secondo prima avevo mandato il mio assistente a prendere l’acqua (tempismo perfetto direi). Per fortuna la mia amica Shaila era li vicino e ha assistito alla scena prestandoci soccorso immediato. Insieme a due volenterosi ragazzi. Una volta rimesso sul mio mezzo ruotato ho avuto un attimo di panico. Insieme a noi era volato anche il mio nuovissimo iPhone. Non riuscivo più a trovarlo. Ho subito pensato a un furto istantaneo, in realtà era finito al di la di una protezione di tela che lo copriva.
Il comico evento ci ha fatto decidere in totale unanimità che era arrivato il momento di tornarcene a casa. Ho accompagnato Francesca a piazza fiume e l’ho guardata avviarsi verso casa barcollante. Ho fatto il tragitto di ritorno a occhi chiusi, con tutti i finestrini aperti per tentare di riprendermi con l’aiuto del vento fresco sulla faccia, inutilmente. Non funziona mai. Una volta raggiunto il letto (non ricordo come), poco prima di svenire, ho ricevuto un messaggio di Francesca che recitava così:
«Arrivata! Incre.3.cile eh!t?:) grazie baci fra».
Grazie a te amica mia, mi sono davvero divertito!

lunedì 4 ottobre 2010

Delirio lucido

Sono stanco.
Esco di rado, e quando esco mi pento amaramente di averlo fatto. Mi piace osservare gli altri, ne ho bisogno per scrivere. Ma come si descrive il niente? Perché è questo che vedo quando esco. Facce che comunicano niente. Una moltitudine di persone dipinta di colori falsi, maschere a nascondere il vero volto.
Una ragazza balla eccitata saltando sul posto al suono di una musica che non si presta a tale ballo. Il suo accompagnatore la copia, ma dentro è imbarazzato e pensa:«Guarda che mi tocca fare per rimediare una scopata».
Registi e attori sconosciuti che si autodefiniscono grandi. Che poi Roma è famosa per questo, è quasi un virus. ‘A Roma so tutti fenomeni’ qualcuno ha detto, a ragion veduta.
E’ così difficile essere se stessi? Uscire senza veli? Mostrare un pizzico di umiltà?
Quei pochi che lo fanno brillano di luce propria come soli, in mezzo a una scura nauseante melma. E soli restano, come me ora in questa stanza buia.
Sono stanco.
Il mio viso cade a pezzi sotto i colpi di bisturi e punture. Li raccolgo e cerco inutilmente di ricomporre il puzzle. Allo specchio non mi riconosco. Estraneo a me stesso. Ho così tante cicatrici, che sono pronto per un eventuale film sui pirati. Non ho bisogno di trucco vado bene così, nature.
Ho freddo. L’inverno mi sta già penetrando nelle ossa, ancor prima che arrivi. Sono completamente coperto dal piumino, esce solo il braccio per scrivere.
Propongo una mozione di sfiducia al freddo, spostiamo l’Italia più a sud. Vicino all’equatore. Con tutte le cazzate che sento, una in più non fa niente...
Abbasso il periscopio e m’immergo nel piumino. Che ci faccio qui?
Buonanotte.