mercoledì 28 luglio 2010

Numana 2

Sono appena stato a vedere un meraviglioso concerto di Marcus Miller al jazz festival di Fano. Ha suonato gran parte dell’album di Miles Davis ‘Tutu’, dove peraltro lo stesso Miller era presente col suo fantastico basso. Location suggestiva: il palco montato sul molo di attracco dello yacht club con tanto di tramonto alle spalle; un mega yacht tutto illuminato attraccato accanto al palco, mi ha fatto invidiare il proprietario. Due ore di concerto che sono sembrati cinque minuti tanto è stato coinvolgente. E’ bello vedere musicisti così bravi e famosi, divertirsi e far divertire un pubblico di appassionati. Molto spesso si assiste al compitino sufficiente per l’occasione. Questa volta, se me lo avessero chiesto, avrei ripagato il biglietto all’uscita. Per fortuna non me l’hanno chiesto.
I primi dieci giorni di vacanza sono volati. Numana è sempre uguale, nonostante non sia più piena di giovani come una volta. Ho ritrovato le colonne portanti delle mie vacanze adolescenziali: la gelateria Morelli, dove non riesco mai a pagare il gelato. Conosco la famiglia da 35 anni. Da piccolo giocavo con Michele, uno dei figli. Quando arrivavo da Roma, anche da più grande, era il primo posto dove mi fermavo. A qualsiasi ora del giorno e della notte. Memorabili le reazioni delle cameriere:
«C’è un tipo in pareo pieno di tatuaggi che bussa, chiamiamo la polizia?».
E poi c’è Adele la cuoca. Aveva una rosticceria casalinga. Mi ha tirato su a suon di gnocchi, tagliatelle e lasagne. Senza di lei sarei morto di fame. Anche ora che ha ottant’anni e ha chiuso l’esercizio, per me fa uno sforzo e sforna qualche manicaretto:«Ninì li fago solo per te (piccolo li faccio solo per te)».
Immancabili le cene dagli zii. Sono rimbalzato da uno zio a un altro come un pallone da pallacanestro. In effetti sto prendendo proprio la sua forma.
Da zia Irma e zio Maurizio (i miei preferiti, non me ne vogliano gli altri) doppia cena a base di pomodorini al gratin: centoventi la prima, ottanta la seconda (perché non c’era mio cugino). Spazzati via con grande naturalezza, facendo finta di lasciare che tutti ne mangiassero quanti ne volevano. In realtà era in corso una battaglia all’ultimo pomodorino. Con discorsi post cena molto divertenti. Sia mio zio che mia zia usano tranquillanti per andare a dormire. Una volta assunti i farmaci cadono in catalessi. Durante la notte potresti tranquillamente cambiare l’assetto della casa. Buttare giù muri a picconate, alzare tramezzi, sfondare pavimenti senza il minimo pericolo di svegliarli. Una notte zio Maurizio ha fatto più tardi del previsto. Ha aperto la porta della stanza e ha trovato zia Irma supina, bianca come un lenzuolo appena lavato, a bocca aperta con le mani conserte sul petto e il libro delle preghiere appoggiato sulla pancia. Per di più gli sembrava non respirasse:
«Oh madonna è morta Irma!».
Si è avvicinato e per fortuna respirava ancora. Preso da un impeto nervoso l’ha svegliata:
«Oh Irma, non puoi dormì int’un fianco?? M’hai fatto prende un colpo‼».
Da zio Massimo e zia Ester cena a base di pesce confezionata da lui, con il fondamentale aiuto di lei:
«Si mette ai fornelli e inizia a dare ordini: tagliami l’aglio, sminuzza il prezzemolo, affetta la cipolla».
Ha bisogno dell’aiuto cuoco che dopo quarant’anni di matrimonio ancora lo prende in giro sul fatto che non ricorda i nomi degli ingredienti:
«Mi passi quello...quello...quellooo...come si chiama?».
Dopo cena infilano un dvd con i vecchi filmini di famiglia. Due ore di vacanze al mare e in montagna. Al settimo cambio Madonna di Campiglio-Numana, la testa ha iniziato a vacillarmi bruscamente. Zio Massimo se n’è accorto:
«T’è costata cara sta cena eh?».
Genio.
Quello che mi diverte di più è andare alla ‘Spiaggiola’ di Numana. Spiaggia che la mia famiglia frequenta da 50 anni. I discorsi spaziano da gossip su i protagonisti dei settimanali ‘Chi’ o ‘Novella 2000’ o ‘Vanity Fair’, a chi ha la precedenza all’accesso al pulmino del comune che ti riporta a casa, a tragicommedie su nipoti incinta o su qualsiasi cosa si possa ansiosamente ricamare sopra. Cito alcuni esempi. Conversazione a tre tra cugine:
«Hai letto che il calciatore Cristiano Ronaldo ha pagato 12 milioni di dollari per farsi dare il bambino dalla donna che aveva messo incinta?»
«Io ho letto 15 milioni»
«Praticamente gliel’ha venduto»
«Ma no, ha preso l’affidamento»
«Secondo me ha affittato l’utero»
«Vedrai se quella tra un po’ non torna a battere cassa»
«Tanto finisce sempre così»
«E lui come farà a crescerlo, che sta sempre a giocare a calcio»
«Mah, che gente».
Conversazione tra zie su nuora incinta:
«Sta ragazza c’ha tanti dolori»
«Adesso deve fare l’ecografia»
«Si ma sti dolori sono strani, starà bene sto fiolo»
«Mamma mia qui ogni giorno ce ne una»
«Ne verremo fuori?»
«E poi non gli cresce la pancia»
«Non è normale»
«Che macello, vacci a capì qualcosa».

Mio zio Maurizio vota, ahimè, PDL. Mi diverte stuzzicarlo. Finita la cena gli ho dato appuntamento al mare la mattina dopo, chiedendogli di comprarmi ‘Il Fatto’ quotidiano. Sono arrivato in spiaggia dove mia cugina Monica mi ha detto:
«Si è tappato il naso e ti ha comprato il giornale puntualizzando che non era per lui. Si è raccomandato con me di non leggerlo».
Alla fine non l’ho letto neanch’io. Qualcuno l’ha fatto sparire. Il parentado congiura...

lunedì 19 luglio 2010

Numana 1

Sono appena arrivato a Numana nelle Marche. Un paesino sotto al monte Conero che conosco molto bene. I miei genitori e gran parte del mio ‘parentado’ sono di Ancona, e la nostra casa delle vacanze estive è sempre stata qui. Sono praticamente cresciuto in questo stupendo paesino. Sarei dovuto partire venerdì mattina presto ma come al solito, sono stato investito dagli immancabili guai dell’ultimora. Il cuscino ad aria sul quale mi siedo ha pensato bene di bucarsi proprio il giorno della partenza. I gommisti di zona, dimostrando grande solidarietà e spirito di sacrificio, si sono rifiutati di mettere mano al danno. Così ho dovuto mandare il mio assistente sulla Prenestina, nell’officina ortopedica a cui faccio riferimento. I ragazzi mi hanno momentaneamente risolto il problema, a fine vacanza dovrò comprarmi un cuscino nuovo, ma alle cinque e mezza di pomeriggio. Tornato in possesso dell’indispensabile oggetto, abbiamo iniziato a caricare il furgone con i pochi bagagli preparati. Quest’anno ho deciso di viaggiare leggero: tre valigioni, tre scatoloni, una busta piena di cuscini e una con le amache, il mio materasso antidecubito, un materasso gonfiabile per gli eventuali ospiti, un sacchetto con ciotole e guinzagli, due cani e la moglie del mio assistente al settimo mese di gravidanza. Riempire un portabagagli diventa un po’ come giocare a tetris. Cerchi di incastrare tutto nella maniera più conveniente. Dopo un metti e leva durato una buona mezz’ora sono arrivato alla perfezione. Volevo quasi fotografare l’opera cubista tanto ero soddisfatto. Rientrato in casa per chiudere e prendere le ultime cose, mi è quasi venuto un arresto cardiaco alla vista della sedia doccia ancora tranquillamente parcheggiata nel mio bagno. Preso dallo sconforto ho passato la patata bollente al mio assistente:
«Smontala e caricala tu, io non voglio saperne più niente».
Siamo riusciti a partire alle otto e mezza. Un’ora per uscire da Roma. Mezzora in autogril per un panino. Tre ore e mezza per arrivare. Anche perché vista la pessima guida del mio assistente in autostrada (un suv lanciato a 200 all’ora ci ha quasi investito perché lui pretendeva di mettere la freccia e superare non curandosi di chi arrivava), ho deciso che la velocità massima consentita era 120 km all’ora.
La vista della casa che ho affittato mi ha fatto immediatamente dimenticare le difficoltà della giornata. Si tratta di un enorme casale diviso in appartamenti. Il mio si affaccia su un ampio tratto di campagna con il tramonto al centro dell’orizzonte. La casa ha due stanze e un doppio salone con vetrata celo terra lunga circa sette metri, sullo stesso lato della vista mozzafiato. Un grandissimo e ben curato giardino circonda tutto il casale. Gli interni sono arredati con gusto e col minimo indispensabile. Mi sono subito attrezzato con divani gonfiabili con fondo di vellutino e torce a profusione. La prima cena sul patio illuminati dal fuoco delle torce, sotto un celo stellatissimo e con uno spicchio appuntito di luna crescente che faceva capolino tra le poche nuvole, mi ha fatto venire voglia di restare qui per sempre. E il tramonto disteso sul divanetto vellutato con un campari in mano ha triplicato la voglia. A presto.