sabato 30 gennaio 2010

Anni fa, esattamente dodici, ho acquistato con l’aiuto della mia famiglia, un letto marca Sacon. Praticamente la Ferrari dei letti motorizzati. Oltre alle funzioni normali di ogni letto elettrico quali: salita e discesa orizzontale, salita e discesa schienale e salita e discesa piedi – il Sacon sale anche verticalmente permettendo al disabile, legato da un sistema di cinture, di stare praticamente in piedi (ottimo per combattere l’osteoporosi). Il tutto per la spesa di diciassette milioni del vecchio conio, mica fusaglie. Ecco, da un mese a questa parte mister diciassette milioni è bloccato orizzontalmente a un’altezza di circa un metro e venti. Per salirci sopra un normale essere umano dovrebbe eseguire un perfetto salto stile Fosbury (quello del salto in alto professionistico). Io ho bisogno di due persone e anche discretamente muscolose. Ho chiamato la sanitaria che a suo tempo me l’ha venduto. Il tecnico, dopo varie domande e prove, ha stabilito che si tratta di un problema di telecomando. Va cambiato. Purtroppo non ne hanno disponibili (e ti pare) e per ordinarlo bisogna aspettare che passino le festività natalizie perché la fabbrica è chiusa. Incasso il colpo e mi organizzo. Il mio mega lettone matrimoniale formato da due letti attaccati, è diventato improvvisamente un letto a castello. Se invito una donna a dormire da me, dopo aver consumato scomodamente al piano superiore, la devo spedire a dormire di sotto. Neanche fossimo in quinta elementare. Finite le maledette festività richiamo. Ora il problema è mettersi in contatto con la fabbrica in Svizzera. A quanto dice il tecnico, è molto difficile contattarli. Siamo nel 2010 ed è difficile comunicare con una fabbrica di letti in Svizzera? Capirei se stessi chiamando il Burkina-Faso, ma la Svizzera no! Insomma inizia un tira e molla di telefonate surreali che alla fine sfocia nell’ultima di ieri. Il tecnico è riuscito a comunicare con la fabbrica nel Burkina-Faso svizzero, che però non manda il telecomando perché gli costa troppo di spedizione. Ci vuole almeno l’ordine di un letto. Lunedì o Martedì è forse in programma un nuovo ordine e quindi mi richiamerà lui. E se l’ordine salta? Se la persona che vuole il letto cambia idea? Io rimango per sempre al metro e venti? E’ come se uno si compra una Ferrari e fa un incidente. Sfonda uno sportello e per cambiarlo deve ordinare una nuova auto. Voglio fermarmi qui per ora. Voglio aspettare l’epilogo di questa storia, prima di fare nomi, cognomi e sputtanare ditte. Ma sto fremendo... A presto.

lunedì 18 gennaio 2010

Finalmente un sabato diverso!

Ho passato un sabato sera fantastico. La mia cara amica Silvia Volpato ha organizzato, insieme a due suoi amici chef, una cena a tema con musica dal vivo in un loft a S.Lorenzo. L'evento si chiamava ''Jambalaya Funk''. Ai fornelli la coppia ''The Fooders'' più Silvia, il tutto accompagnato dal coinvolgente funk dei ''Roots Down'' una band di vecchie volpi (David Nerattini drums, Paolo Pecorelli bass, Raffaele Scoccia organ, Emanuele Jorma Gasperi guitar) in una cornice spettacolare: il civico 26 di vie degli equi. Un anonimo cancello verde al di la del quale si apre un piccolo mondo incantato. Un cortile dalle mura rosse che sembra una piccola piazzetta di paese, uno studio artistico sulla sinistra, il dietro di un pub sulla destra e, dopo aver percorso qualche metro, l'entrata di questo bellissimo loft che è anche casa dei Fooders. Soffitto alto caratterizzato da molteplici archi in pietra, pareti bianche con pochi quadri (uno enorme raffigurante una non ben precisata coppia aristocratica in posa: effetto dirompente), una colonna quadrata al centro con grandi termosifoni tubulari su ogni lato, cucina super professionale sulla sinistra con sopra un soppalco chiuso con la camera da letto. Accanto alla cucina un grande spazio caratterizzato da un tavolo con computer (apple naturalmente, un pc avrebbe sfigurato), una serie di credenze bianche chiuse senza maniglie (very cool) e il bagno. Luci e lucette varie disposte con gusto e divani, poltrone, sedie antiche e una mini chez long su cui mi sarei adagiato volentieri. Insomma farei carte false per viverci, anche se dal mio punto di vista sarebbe quasi impossibile. Questo testimonia però la bellezza del posto. Ma veniamo al menù, fondamentale direi. Cucina tipica del sud degli Stati Uniti d'America, quella che si sviluppa sulle coste del Mississippi. Un misto di tradizioni native con influenze italiane, spagnole e creole, e una pennellata di Caraibi. Si inizia con la 'Muffoletta' un quarto di panino con salame, formaggio e non so bene cos'altro (un cos'altro buonissimo comunque) accompagnato da delle patatine fritte con ketchup fatto in casa (Silvia ne voglio un vagone!). Per passare poi alle famose 'Buffalo wings' con contorno di 'Boston Baked Beans' e 'Bluecheese dressing sauce'. E per finire con la 'Jambalaya' una sorta di paella con carne di maiale e spezie accompagnata da 'Cole Slow' tra i più buoni che ho mai mangiato. Classica pannocchia di mais e dolce 'Lemon Pie' da leccarsi le dita. Il tutto annaffiato da Budweiser che sarà pure leggera, ma alla quinta inizi comunque a barcollare. Serata risolta per la modica spesa di quaranta euro. Come si fa a essere eternamente grati per un sabato sera romano da ricordare? GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE! ANCORA, ANCORA, ANCORA! Presto per favore!

P.S. Posso fermarmi a dormire la prossima volta? Vorrei risvegliarmi nel cortiletto e sentirmi a casa...
Ah dimenticavo, unico problema del loft...non mi appartiene.

lunedì 11 gennaio 2010

Follia Dilagante

Stamattina, di ritorno da una visita di controllo in ospedale, io e il mio assistente cingalese siamo stati aggrediti da uno squilibrato. Il pazzo si è affiancato con un furgone più grande del mio in prossimità di un semaforo inveendo contro il mio assistente, solo perchè secondo lui viaggiavamo lentamente. Ci ha tagliato la strada ed è sceso come una furia urlando e insultandoci. Ci ha minacciato di morte e ci ha intimato di andarcene subito. Non contento ha continuato al semaforo successivo, sputando sul finestrino e insultandoci pesantemente. Che sia l'effetto Rosarno che si espande come una macchia d'olio? Abbiamo forse scoperchiato il vaso di Pandora della vera natura dell'italiano razzista? Rimane tanta tristezza e una gran voglia di lasciare questo paese.