domenica 16 agosto 2009

Cronache da Ibiza #6

E’ ferragosto e fa caldo. Dopo due giorni di mare fantastici, sono sotto il portico di casa in attesa di Alessio. E’ bloccato in fila a motore spento sulla strada per S. Eularia, il paese dove abito, a causa di un incidente. Ne approfitto per scrivere due righe. Sono stato al casinò. In compagnia di Gianni, un amico che possiede un negozio di abbigliamento sull’isola e un habituè della ludoteca. All’ingresso ci chiedono i documenti. L’addetta alla registrazione ospiti sgrana gli occhi alla vista del nome completo del mio assistente: Nilusha Rangana Kankanamalge Fernando diventa magicamente Fernando. Si prendono anche la borsa e mi lasciano una ricevuta. Entriamo. Si gela. Dal caldo torrido a cinque gradi, con tanto di getto d’aria fredda in testa proveniente dalla cornice alta della porta. Sono in camicia a maniche corte e già so che mi ammalerò. Lo stanzone enorme è pieno di tavoli da roulette e black jack. Ci dirigiamo verso il bar con Gianni in testa che si gira e mi rassicura:«Tranquillo se perdiamo ci rifacciamo sul bar, non mi fanno pagare».
Iniziamo subito a vincere ordinando quattro drinks. Bevendo diamo un’occhiata ai tavoli cercando di decidere su quale puntare, eccitati come cuccioli davanti alle mammelle materne traboccanti di latte. Scegliamo la roulette nella ‘stanza’ (200 mq) dei non fumatori, anche perché l’altra è una camera a gas, sperando sia più caldo. Non lo è. Studiamo qualche minuto che numeri escono, cambiamo cento euro e iniziamo a giocare. Puntata minima due euro e cinquanta, infatti le fiches partono da questa cifra. Prima di uscire da casa gli amici napoletani mi dicono di giocare il sette e il ventisette, i numeri di Lavezzi e Quagliarella due calciatori del Napoli. Il sette è anche il mio numero fortunato. Per equilibrare le parti gioco anche il dieci del Capitano e il diciassette, che non è il numero di nessuno in particolare solo mi piace. Insisto per qualche giro di pallina et voilà, esce il sette e di seguito il ventisette. Non ci posso credere, sto vincendo. Mi duole ammetterlo ma sui numeri i napoletani ne sanno una più del diavolo. Continuo con puntate più alte sui singoli numeri, sempre gli stessi, e su sestine e coppie: si colloca la puntata sull’angolo destro in mezzo a due file di numeri (sestine) o sulla linea che separa due numeri (coppia). L’incredibile è che vinco ancora. Esce il diciassette, indovino varie sestine e qualche coppia. Sono partito con cento euro e ora ne ho già circa quattrocento. Sono sicuro, è la mia serata. E con estrema sicurezza inizio immancabilmente a perdere. Il fluido fortunato ha cessato di scorrere e, piano piano, il mio gruzzoletto scema. Rimango con cinquanta euro mentre Gianni, che aveva cominciato male, si riprende. Percorsi inversi. Non mi do per vinto e cambio numeri. Riesco a vincere ancora cento euro. Sono le tre e mi sto trasformando in un ghiacciolo. Valuto la situazione: mi sono divertito, ho cinquanta euro in più di quando sono entrato e se resto domani avrò la febbre. Saluto gli amici e me ne vado a letto. La mattina mi chiama Gianni. Pochi minuti dopo il mio abbandono si è seduto al tavolo Diego Abatantuono, che tra l’altro conosco (è amico dei miei fratelli), con il quale sono andati avanti fino alle cinque di mattina. Giocava il ventitrè e usciva il dieci. Vi lascio con un piccolo estratto delle conversazioni tra i due:
G:«Ancora col ventitrè, tanto esce il Capitano»
A:«Cos’è che esce?»
G:«Il Capitano, Totti. Ma perché sempre il ventitrè?»
A:«Il capitano del Milan, Ambrosini»
G:«Mbè voi mette Totti con Ambrosini?»
A:«Bè, in effetti no».

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