giovedì 27 agosto 2009

Cronache da Ibiza #10

Bea mi ha fatto una torta. In realtà me ne ha fatte già altre due per il mio onomastico. Non si è capito se di proposito o per pura fortuna. Lei sostiene di averle fatte proprio perché sapeva della ricorrenza. Fatto sta che mi ha fatto tre torte e io non l’ho quasi mai nominata nel blog. Ieri verso le dieci e mezza sono tornato dall’Ushuaja, il locale-stabilimento dell’afterhour di cui vi ho già parlato. Non mi sentivo molto bene, ho una fastidiosissima tosse dovuta all’uso sconsiderato che tutti fanno dell’aria condizionata. Si passa da 35 gradi a 5 anche dal benzinaio. Prima o poi paghi. Arrivo a casa e mi trovo davanti Bea con una meravigliosa torta in mano:«Questa l’ho fatta per te. Ora mi nomini nel tuo blog?»
«Certo che ti nomino».
Avevo già in mente di scrivere su di lei, ma è molto divertente stuzzicarla. Come potrei non parlare di questa bravissima orefice cileno-napoletana (ho comprato alcune sue creazioni molto belle), molto simpatica e piena di energia, che per farla stare ferma bisogna legarla. Trapiantata a Napoli dove viveva col fidanzato Massimiliano, grande persona anche lui nonostante le nostre idee politiche siano opposte. Insieme si sono trasferiti a Ibiza per fuggire da Napoli (e come dargli torto). Fa molto ridere quando, nei discorsi più intensi, le scappano parole in dialetto. Immaginate un italiano con accento ispanico, inframezzato da strafalcioni napoletani. Insomma Bea, grazie per le buonissime torte (tranne una), ma grazie soprattutto del pensiero. E’ sempre molto bello incontrare persone con cui ci si trova subito bene, specialmente quando si vive sotto lo stesso tetto. Mi riferisco a entrambi.

martedì 25 agosto 2009

Cronache da Ibiza #9

In sequenza:

‧ Sono stato a un afterhour veramente divertente
‧ Ho visto uno dei tramonti più belli della mia vita, anzi due
‧ Ho avuto una colite che levati

L’afterhour è una festa dopo la festa. Come un after concert per intenderci. I deejays che hanno ‘suonato’ durante la festa notturna importante, si ritrovano in un ‘locale’ all’aperto sulla spiaggia e continuano fino a mezzanotte. Locale che in realtà è uno stabilimento con lettini. Qui si chiama chiringito ovvero chiosco, che poi non è. La festa è iniziata a mezzogiorno. Arrivo alle tre insieme a Nilusha, Andrea e Beatriz (che se non la nomino mi ammazza). Mi accoglie Mussa il manager di Luciano, uno dei dj più importanti in circolazione. Mi attacca il braccialetto per entrare al privè al polso (rosso privè, blu comuni mortali; distinzione che ho sempre odiato), mi guida dentro e mi offre da bere:«Qualsiasi cosa ti serve sono a tua disposizione, grazie di essere venuto». E’ veramente gentile Mussa, per tutto l’arco della festa di tanto in tanto si ferma a scambiare due chiacchiere. Che poi diventano quattro. Che poi diventano otto. Che poi si trasformano in invito fisso tutti i mercoledì con tutti i miei amici. Mi presenta il suo pupillo Luciano, anche lui molto tranquillo e disponibile. Considerate il fatto che questo tipo nell’ambito musica dance è una vera rockstar, con tanto di ballerine (=groupies) che gli muoiono dietro. In realtà è una persona molto umile, molto sensibile e molto di fuori (molto). La festa è organizzata dal Cocoon e cioè da Sven Vath. Personaggio incredibile. Autore della hit anni ottanta ‘Electrica Salsa’ e già milionario di famiglia. Nel tempo è diventato artista, produttore, promoter e proprietario del locale più bello d’Europa: il Cocoon di Berlino. Fattone si, ma anche una persona estremamente intelligente. Intanto il posto continua a riempirsi. Incontro un amica che non vedo da sette anni. Al tempo faceva la cameriera nel ristorante di un caro amico. Non è cambiata di una virgola. Bella come prima, il tempo non sembra essere passato per lei, e matta come prima. Mi ha dato buca già tre volte a tre diversi appuntamenti. Ha una figlia di cinque anni che è partita per dieci giorni coi parenti. Non le è sembrato vero avere tempo libero per fare un po’ di ‘fiesta’, quindi si è persa in giro per locali. Accanto a me ci sono due ciccioni russi con due stanghe al seguito. Hanno il tavolo pieno di cose da bere. Bottiglie di qualsiasi tipo: dal Jack Daniels all’Absolut Vodka, passando per Sprite, Cocacola, Schweppes e salatini vari. Io e Andrea stiamo fumando. Le tipe ci guardano e sorridono. Anche i due ciccioni sorridono. Gli offriamo da fumare. Impazziscono. Ci danno accesso totale al loro tavolo. Da signori, non ne approfittiamo. Avremmo volentieri approfittato delle stanghe, ma il petrolio russo è più attraente di un disabile e di un rasta. La festa continua nel delirio. Sia il dance floor che la spiaggia sono pieni all’inverosimile. Rimango nel privè, che è l’unico posto ancora vivibile. Unico neo: un mega ventilatore che gira lentamente a cui non mi posso sottrarre se non uscendo. Così faccio fare esercizio al buttafuori che, al mio comando, alza e abbassa il cordone che separa l’inferno dal paradiso. Diventa quasi un gioco macabro. Se potesse mi ci strozzerebbe col cordone. Si, mi sto approfittando della mia condizione, allora?? Andrea mi presenta una tipa brasiliana-italiana-inglese che in venti minuti mi racconta la sua vita. Ha trentadue anni, due figli di nove e dodici anni frutto di un matrimonio durato dieci anni con un’italiano. Il padre è un percussionista brasiliano che negli anni settanta ha girato in tour con Greatful Dead e Pink Floyd (niente di meno). E’ la prima volta che esce da quando è arrivata. Vuole anche darmi una pacca psicologica sulla spalla, parlandomi in toni entusiastici di un suo amico paraplegico che nonstante tutto si gode la vita. Le esce malissimo e io di pacche sulle spalle non è ho più bisogno da tempo. La festa finisce. Ora nel privè siamo rimasti in pochi. La gente sta sfollando. Sven Vath sbuca dal nulla e si dirige verso di me. Mi abbraccia. E’ veramente sudato. Non parla, comunica a gesti. Capisco che si è strafatto e ora, dopo ore di musica, ha un down che se lo porta e non riesce a parlare. Nilusha mi guarda:«Perché non parla? Stanco?»
«Si, stanchissimo direi». Mentre guadagno l’uscita Sven mi abbranca di nuovo. Stavolta parla, ma in tedesco. Se ne accorge:«Ma ti sto parlando in tedesco?»
«Si Sven»
«I wish you all the best»
«See you soon Sven».

Passiamo al tramonto. Ai tramonti in verità. Tutti e due dalla stessa spiaggia. Quindi ne racconto uno. Il posto si chiama Benirras, è a nord di Ibiza. E’ una cala protetta con davanti un faraglione dalla cima tonda. Il mare è veramente bello, ricorda la Sardegna. Ci sono parecchie barche in rada. Rendono il tutto più suggestivo. L’unico problema è che nessuna di esse mi appartiene. Vedere il tramonto dalla spiaggia è bellissimo, vederlo dalla barca è un altro paio di maniche. Il sole sfiora il faraglione scendendo lentamente fino a tuffarsi nel mare, dove si riflette lasciando una scia arancione brillante. Il cielo si trasforma attraverso i colori. L’azzurro diventa giallo e si tuffa nel rosso-fucsia-violetto che il sole si è lasciato dietro. Ci sono tante persone a godersi la performance che esplodono nel classico applauso quando l’ultimo spicchio arancione sparisce dall’orizzonte. Tutto fantastico tranne i gruppetti di spagnoli vacanzieri che si fotografano, vestiti in maniere improbabili con accostamenti di colori che neanche sotto LSD.

Sulla colica calerei l’ennesimo velo pietoso (non saranno mai troppi). Se qualcuno volesse conoscere i particolari, può chiedere a Nilusha.

giovedì 20 agosto 2009

Cronache da Ibiza #8

Sono reduce da una sbronza di quelle con la S maiuscola. Quelle che ti prendi da adolescente. Quelle che il mondo gira a una velocità insostenibile e sei pronto a vomitarti le budella. Quelle che da un certo punto in poi non ti ricordi né con chi hai parlato, né tantomeno cosa hai detto. Insomma, quelle. Sono uscito con l’idea di bere ma, come succede a tutti in questi casi, ho bevuto il bicchiere di troppo. Nel mio caso i bicchieri di troppo. Sette calici pieni di ‘Hierbas’ con ghiaccio, tipico liquore made in Ibiza dal sapore dolciastro. Una bomba. Teatro della mia performance sempre il Delano sulla spiaggia, stavolta la festa l’abbiamo organizzata noi col marchio del negozio di dischi. Bella festa. Molta gente. Massimo fa un live set, mentre Andrea, Renè e il dj resident (di cui non ricordo il nome) fanno volare i vinili sopra i piatti come freesbies. In realtà la vera performance la fanno due spilungone nordiche. Una bionda e una mora. Veramente alte, più di un metro e ottanta cadauna (che in tutto fanno tre metri e sessanta) e veramente belle. Ballano insieme a un loro amico. Li guardo da un po’, cercando di capire quale delle due è libera. L’arcano si svela da se poco dopo. Le tipe si abbracciano inscenando un balletto sexy e iniziano a baciarsi. Un bacio di quelli seri, appassionato e coinvolgente. Così coinvolgente che i maschi intorno rimangono a ganasce spalancate per il minuto buono dell’esecuzione, per esplodere poi in un sonoro applauso tra le risate di tutti, anche delle stesse altezze nordiche. Questa è una delle ultime cose che ricordo con lucidità (e chi se la scorda). Ricordo di aver detto:«Esco a prendere un po’ d’aria».
Poi solo momenti, qualche persona e una fatica immane per cercare di rallentare tutto ciò che avevo intorno. Ricordo anche la brezza marina, che mi dava un certo sollievo, e rumori di mazzi di chiavi (non chiedetemi perché).
Ah, ricordo anche un coniglio in mezzo alla strada. Nilusha dice che ne abbiamo incontrati cinque tornando. Su quello che mi hanno raccontato gli altri calerei un velo pietoso, anche perché mi viene da vomitare al solo pensiero. Sono in hangover da due giorni, non ho più l’età.

domenica 16 agosto 2009

Cronache da Ibiza #7

Vado in farmacia a comprare una pomata cicatrizzante. La farmacista che mi serve è bellissima. Le chiedo un prodotto italiano che ovviamente non c’è. Me ne consiglia uno spagnolo con antibiotico dicendo che è molto buono. Le credo. Le crederei anche se mi dicesse che ha la cura per rimettermi in piedi. Esco, faccio qualche metro e decido che la voglio rivedere. Torno indietro. Le arrivo di nuovo davanti e, tra l’universo delle medicine, chiedo:«Fermencto lacticos?»
«Por la diarrea?»
La guardo per un attimo in silenzio e cerco di salvare il salvabile.
«Si...ma non è che la tengo ahora, para prevenir».
Mi da delle pillole tutta sorridente e gentile. Non entrerò mai più in quella farmacia.

Cronache da Ibiza #6

E’ ferragosto e fa caldo. Dopo due giorni di mare fantastici, sono sotto il portico di casa in attesa di Alessio. E’ bloccato in fila a motore spento sulla strada per S. Eularia, il paese dove abito, a causa di un incidente. Ne approfitto per scrivere due righe. Sono stato al casinò. In compagnia di Gianni, un amico che possiede un negozio di abbigliamento sull’isola e un habituè della ludoteca. All’ingresso ci chiedono i documenti. L’addetta alla registrazione ospiti sgrana gli occhi alla vista del nome completo del mio assistente: Nilusha Rangana Kankanamalge Fernando diventa magicamente Fernando. Si prendono anche la borsa e mi lasciano una ricevuta. Entriamo. Si gela. Dal caldo torrido a cinque gradi, con tanto di getto d’aria fredda in testa proveniente dalla cornice alta della porta. Sono in camicia a maniche corte e già so che mi ammalerò. Lo stanzone enorme è pieno di tavoli da roulette e black jack. Ci dirigiamo verso il bar con Gianni in testa che si gira e mi rassicura:«Tranquillo se perdiamo ci rifacciamo sul bar, non mi fanno pagare».
Iniziamo subito a vincere ordinando quattro drinks. Bevendo diamo un’occhiata ai tavoli cercando di decidere su quale puntare, eccitati come cuccioli davanti alle mammelle materne traboccanti di latte. Scegliamo la roulette nella ‘stanza’ (200 mq) dei non fumatori, anche perché l’altra è una camera a gas, sperando sia più caldo. Non lo è. Studiamo qualche minuto che numeri escono, cambiamo cento euro e iniziamo a giocare. Puntata minima due euro e cinquanta, infatti le fiches partono da questa cifra. Prima di uscire da casa gli amici napoletani mi dicono di giocare il sette e il ventisette, i numeri di Lavezzi e Quagliarella due calciatori del Napoli. Il sette è anche il mio numero fortunato. Per equilibrare le parti gioco anche il dieci del Capitano e il diciassette, che non è il numero di nessuno in particolare solo mi piace. Insisto per qualche giro di pallina et voilà, esce il sette e di seguito il ventisette. Non ci posso credere, sto vincendo. Mi duole ammetterlo ma sui numeri i napoletani ne sanno una più del diavolo. Continuo con puntate più alte sui singoli numeri, sempre gli stessi, e su sestine e coppie: si colloca la puntata sull’angolo destro in mezzo a due file di numeri (sestine) o sulla linea che separa due numeri (coppia). L’incredibile è che vinco ancora. Esce il diciassette, indovino varie sestine e qualche coppia. Sono partito con cento euro e ora ne ho già circa quattrocento. Sono sicuro, è la mia serata. E con estrema sicurezza inizio immancabilmente a perdere. Il fluido fortunato ha cessato di scorrere e, piano piano, il mio gruzzoletto scema. Rimango con cinquanta euro mentre Gianni, che aveva cominciato male, si riprende. Percorsi inversi. Non mi do per vinto e cambio numeri. Riesco a vincere ancora cento euro. Sono le tre e mi sto trasformando in un ghiacciolo. Valuto la situazione: mi sono divertito, ho cinquanta euro in più di quando sono entrato e se resto domani avrò la febbre. Saluto gli amici e me ne vado a letto. La mattina mi chiama Gianni. Pochi minuti dopo il mio abbandono si è seduto al tavolo Diego Abatantuono, che tra l’altro conosco (è amico dei miei fratelli), con il quale sono andati avanti fino alle cinque di mattina. Giocava il ventitrè e usciva il dieci. Vi lascio con un piccolo estratto delle conversazioni tra i due:
G:«Ancora col ventitrè, tanto esce il Capitano»
A:«Cos’è che esce?»
G:«Il Capitano, Totti. Ma perché sempre il ventitrè?»
A:«Il capitano del Milan, Ambrosini»
G:«Mbè voi mette Totti con Ambrosini?»
A:«Bè, in effetti no».

martedì 11 agosto 2009

Cronache da Ibiza #5

Ecco a voi CAN CASTELL!!



Cronache da Ibiza #4

Ecco, ieri ho passato la prima giornata di merda della vacanza, e spero anche l’ultima. Mi sveglio alle undici. Dopo aver fatto colazione e operazioni di routine, raggiungo Andrea al negozio. Finalmente conosco Anushka, una dj russa di ventitrè anni che dio la benedica. Alta, lineamenti perfetti, simpatica e sorridente, si compra anche una scatola di dischi e, con calma, se li ascolta uno per uno allietando la nostra tarda mattinata. Il momento più bello da quando sono arrivato sull’isola. Alle due chiudiamo e andiamo a pranzo. Ci sediamo in un ristorante argentino che conosce Andrea, dove abbiamo già mangiato qualche sera fa. Ordiniamo un’insalata di tonno e un ‘vacio’: un tipo di bistecca dal taglio particolare, un parallelepipedo di carne. Mangio l’insalata e qualche pezzo del mostro geometrico, quando inizia a salirmi la pressione. Come se dovessi fare pipì ma la sensazione è diversa. Provo comunque a svuotare la vescica che risulta essere vuota di suo. Non riesco a respirare, sento premere sul petto e l’aria non entra bene. Sono improvvisamente debolissimo. Andrea paga il conto e mi mette in macchina. Mentre andiamo a casa mi sorregge, altrimenti cadrei di lato. L’aria condizionata non mi aiuta molto. Per un attimo penso che mi stia venendo un infarto. Forse dovrei andare al pronto soccorso. Penso alla cronaca di Ibiza (quella vera) e ai possibili titoli degli articoli:
«Muore d’infarto un disabile italiano che si sente male e, invece di andare in ospedale, torna come un coglione a casa». L’ipocondria di famiglia a cui credevo di essere immune, mi ha posseduto in un secondo. Continuo a respirare con grande difficoltà. Arrivato a casa mi stendo sul letto con l’aria condizionata al massimo. Ho brividi fortissimi di dolore. Sono sensazioni nuove, mai sentite prima. Mi spavento un po’, lo ammetto. E’ già parecchio tempo che mi sento in forma, ho perso l’abitudine a stare male, per fortuna. Mi faccio girare sul lato sinistro per smuovere il catarro, se ce ne fosse. Non ce n’è, in compenso la posizione lentamente mi rilassa. I dolori e la pressione alta mi abbandonano gradualmente. Rimane un grande mal di testa. Credo di si sia trattato di un blocco della digestione. Una delle poche cose che ancora non avevo avuto il piacere di provare nella vita. Per di più sono tre giorni che fa un tempo di merda. Ieri era S. Lorenzo, la magica notte delle stelle cadenti che neanche quest’estate sono riuscito a vedere. Calo un velo pietoso...

sabato 8 agosto 2009

Cronache da Ibiza #3

E’ arrivato Alessio insieme alla fidanzata Flavia. E che arrivo!!
Esco da un locale all’aperto chiamato Zoo (perché è veramente l’ex zoo di Ibiza) verso mezzanotte, dopo aver passato due ore piacevoli in compagnia dei System of survival, due ragazzi di Salerno che fanno musica elettronica; e dopo avere assistito a questa scena: una tipa inglese seduta accanto a noi mostra e si lascia palpare le tette dagli amici che le siedono intorno, spiegando in che modo sono state rifatte. L’arrivo del volo è previsto per mezzanotte e mezza. Oltre a me in macchina ci sono: Andrea alla guida, Nilusha, Mika e Milena una coppia di polacchi molto carini che hanno una stanza da affittare ad Alessio. Ci ferma la polizia convinta che Andrea sia il conducente di un ‘black taxi’. Ci sono 300 taxi ufficiali a Ibiza che schizzano su e giù per l’isola per 3000-5000 persone che escono dai vari locali ogni sera, di conseguenza proliferano i taxi in nero. Il problema è che i poliziotti, nonostante le ripetute spiegazioni che fanno finta di non sentire, ci mettono venti minuti a capire che sono disabile e che il furgone, modificato per il trasporto di una carrozzina, non può essere un black taxi. Superato l’ostacolo monocellulare poliziesco, accompagnamo Andrea al negozio di dischi e arriviamo all’aeroporto con venti minuti di ritardo. In compenso l’aereo è in ritardo di un’ora e Alessio non mi ha avvertito. L’unica magra consolazione è che a Nilusha servono venticinque minuti per capire che l’aereo non è in orario. Sommati al ritardo, manca poco all’effettivo arrivo. Passano lenti i minuti anche perché stiamo morendo di fame, ma passano. Di Alessio neanche l’ombra. Dopo poco squilla il telefono:«Eccolo, sto per uscire»
«Grazie per avermi avvertito del ritardo»
«Non prendeva il telefono sull’aereo»
«Ho fame sbrigati ti odio».
Ride e aggancia. Passano ancora dieci minuti e il telefono squilla di nuovo:
«Mi hanno perso la valigia».
Non ride più. Non ho parole. In realtà viene da ridere a me, ma mi trattengo.
Finalmente lo vedo sbucare. Sale in macchina e andiamo di corsa a mangiare.
Dopo aver ingurgitato un'orrendo cheeseburger, li lascio andare a casa con Mika e Milena e me ne vado a letto. Sono le quattro e sono stanco morto. Alle undici squilla il telefono. E’ Alessio che sconvolto mi descrive la casa:«A parte le formiche e le macchie di sperma sul letto, anzi sui letti perché sono due e piccoli, sembra di essere a Beirut dopo un bombardamento. La polvere regna sovrana e non ti descrivo la cucina perché verrebbe la nausea anche a te. Oltretutto sbuca gente nuova ogni cinque minuti. Ho trentaquattro anni e in vacanza voglio stare comodo, ti prego fai qualcosa siamo nelle tue mani».
Niente male come inizio vacanza, non vedo l’ora di vedere come procederà. Naturalmente vi terrò informati. A presto.

mercoledì 5 agosto 2009

Cronache da Ibiza #2

Due sere fa ho fatto la prima uscita nella movida ibizenca. Andrea suonava in un locale sulla spiaggia, il ‘Delano’. Un bel posto, non troppo affollato. Uno stanzone rettangolare bianco con bancone bar di lato e consolle in fondo, circondato per metà da finestroni cielo-terra che si affacciano su Platja d’en Bossa. Non faccio in tempo a entrare nel locale che mi si avvicina una donna con un vestitino bianco attillato. Balla ed esibisce un repertorio di faccette da festaiola navigata, prive di qualsiasi significato logico. Si accosta al mio orecchio:«Queres una pastilla?»
«No grazie». Mi guarda un po’ delusa, l’unica ‘faccetta’ comprensibile fin’ora, e continua a ballare. Parcheggio vicino al bancone del bar davanti alla consolle. Due ragazze che avevo conosciuto la sera prima mi vengono a salutare. Una è alta, di carnagione chiarissima e bionda platino; l’altra è indiana, bassetta e di carnagione scura. Mi viene in mente Zelig, sono pronte per un provino. Mi giro e rivedo la tipa col vestito bianco che alla faccetta stavolta abina anche una mossetta accattivante che mi disgusta. Andrea inizia a presentarmi tutti. Dai lavoranti ai djs alle ballerine dei locali famosi. E che ballerine. Da laurea ad honorem. Secondo me le fanno ballare sui cubi per evitare che girino sciolte per la discoteca a rovinare la serata a chi le vede per la prima volta. Arriva Matteo, un amico che non vedo da tempo. Lo violento immediatamente costringendolo a rollare una canna. Mi diverte vederlo girare indaffarato alla ricerca di sigarette e cartine. Alla fine ci riesce, ma dopo avermi fatto accendere si dilegua per un po’ a riprendere fiato. Il tempo passa e riesco a evitare con esperienza tutto quello che mi viene offerto. L’unica stronzata la faccio quando, soprapensiero, accetto un sorso d’acqua da una sconosciuta. Per fortuna me ne rendo conto mentre lo sto facendo. Con estrema scioltezza, mi assicuro che la tipa non mi sta guardando e sputo il sorso d’acqua, colpendo anche un pezzo di gamba di Nilushe (l’assistente). Il quale mi guarda esplodendo in una clamorosa risata:«Questo io non scorda mai!».
Arriva l’ora di andare a casa. Mentre esco mi raggiunge una ragazza che mi ballava vicino. In inglese con un accento dell’est mi dice che voleva salutarmi e che ho dei bellissimi occhi. Il modo di fare mi ricorda la mia ex. La ringrazio e me ne vado. Steso sul letto mi chiedo:«Hai ringraziato e te ne sei andato?». Amaramente divertito mi addormento. Come dice il vecchio saggio: ogni lasciata è persa...

lunedì 3 agosto 2009

Cronache da Ibiza #1

Sono appena arrivato a Ibiza. Due giorni fa alle sette di mattina, dopo una traversata di trentasei ore in nave. In due navi in realtà: una da Civitavecchia a Barcellona e l’altra da Barcellona a Ibiza. Viaggio tranquillo e meno impegnativo di quanto si possa immaginare. Prima tratta: imbarco alle dieci; ignobile cena a base di lasagna (che implorava a mani giunte di non essere mangiata) al ristorante self service «Barcelloneta»; canna sul ponte cercando di non essere catapultati fuoribordo dal fortissimo vento; visitina ai cani parcheggiati nel canile di bordo; dieci minuti al casinò, giusto il tempo di perdere cinquanta euro alla roulette incantati dalle tette della croupier; una sana dormita nella bellissima cabina per disabili (sorprendente davvero) e un pomeriggio tra sole sul ponte accanto al bar e incontri curiosi. Una ragazza di Acilia con minicane al seguito, in fuga da una dubbia convivenza di due anni. Amante dei rave, soprattutto dei prodotti tipici che tali feste offrono:«So stata a un rave prima di partire, me so presa due bombe e mezza, poi potevano pure mette er tango che ballavo uguale».
E un ragazzo di Napoli con moglie, figlio, amico e fidanzata dell’amico al seguito, che nel giro di quindici minuti mi mette al corrente del fatto che lui passa le vacanze in Andalucia a spacciare erba da dieci anni. Un vero genio del crimine, probabilmente alla fine del viaggio lo saprà mezza nave.
Seconda tratta: prima di salire sulla nave aiutiamo una coppia di mezza età a montare una ruota di scorta in un macchinone americano dopo un tentativo di rapina. Due tipi motorizzati si erano avvicinati alla macchina in corsa lenta verso il terminal e gli avevano bucato una gomma con un cacciavite. Sperando di bloccarli per rubare ciò che potevano. La coppia, da venticinque anni residente a Formentera per il periodo estivo, non era mai stata vittima di un assalto del genere. Due ex fricchettoni molto simpatici che mi piacerebbe incontrare di nuovo. Imbarco alle dieci; piccola incomprensione subito risolta sulla cabina per disabili che non mi avevano assegnato (e comunque scadente rispetto alla prima nave); orrendo bocadillo (panino) al bar di bordo visto che il self service era già inspiegabilmente chiuso (per fortuna forse); canna di rito sul ponte di poppa e brevissima dormita in cabina. La sveglia alle sei e un quarto dall’altoparlante della stanza ci ha veramente ucciso. Come zombies, ma felici, usciamo dal ventre della balena d’acciaio, sicuri o quasi di trovare il caro amico Andrea ad attenderci, anch’egli felice, sul molo d’attracco. Il caro amico è ancora felicemente addormentato nel suo letto di casa e mi risponde con voce squillante facendo, come al solito, finta di essere sveglio:«Pronto!»
«Stai dormendo»
«Chi è?!»
«E chi potrà mai essere?»
«Ao, dove stai?»
«A Ibiza sul molo dove dovresti essere anche tu ora, ricordi?»
«Pensavo arrivassi alle nove»
«Te l’ho detto che arrivavo alle sette»
«Tranquillo cinque minuti e sono da te».
In effetti arriva cinque minuti dopo, più zombie di noi, e ci porta a casa di Francesco, altro caro amico oltre che socio in un negozio di dischi, che ci ospita per il mese di Agosto. La casa si chiama (si qui le ville hanno un nome) ‘Can Castell’ ed è a tutti gli effetti un mini castello. Con tanto di torre e torretta. Con una piccola piscina e un giardino pavimentato pieno di rampe per facilitare il mio passaggio. I proprietari di casa, saputo del mio arrivo, hanno buttato giù le barriere architettoniche scusandosi di non averci pensato prima da soli. Altro mondo. Arriviamo che tutti dormono. Ci apre assonnatissimo Massimo, un amico di Francesco, che vive qui con la compagna Beatriz. E finalmente incontro il principe del castello: Fabio Bruno, un anno d’età e già comanda lui. Un piccolo bulldozer impazzito per i miei cani che se lo coccolano come un cucciolo. E Nadia, la mamma del principino e compagna di Francesco. Per ora è tutto, scappo al mare. Hastaluego...