«Temporaneamente quanto?» chiedo.
«Abbiamo già contattato il fornitore, qualche giorno credo».
«Guardi che vengo a controllare» stuzzico.
«Sicuramente lo troverà funzionante» ribatte fermo ma rilassato. Gli credo. Mi indica la strada per arrivare all'ascensore. Superiamo un'altra rampa rivestita di moquette, più ripida delle prime e piena di dossi. Entriamo e iniziamo a salire. Miky è paonazzo e ha il fiatone. Io pregusto già gli ampi spazi aperti in cui potrò muovermi a mio piacimento, in mezzo a un estasi di colori e sensazioni d'altri tempi. L'ascensore ci vomita in mezzo alla stanza buia dove proiettano la vita dell'artista. Oscuriamo per un attimo la visuale di alcuni spettatori, che sono costretti a spostare le sedie per farci passare. Finalmente faccio il mio ingresso nella mostra vera e propria, trovandomi subito davanti a un grande corridoio in salita. Tutta la prima parte dell'esposizione è in salita. Sul lato sinistro si aprono due piccole stanze a cui si accede mediante rampette corte e ripidissime. In cima alla salita si entra nell'ampia sala principale del museo. Il primo luogo realmente accessibile di tutta la struttura. Mi godo l'agognata libertà. Posso girare a mio piacimento di opera in opera, con la leggiadria di un pattinatore sul ghiaccio. Mi sento bene. Mi sento uguale. Anzi, mi sento proprio fico con la mia super carrozzina. Finchè non decido di salire al secondo piano. Non c'è l'ascensore. Ci aspettano due lunghissime rampe che salgono costeggiando due lati del salone. Miky è di nuovo paonazzo. Dura poco però. Al ritorno scivola e gli sfuggono le maniglie della carrozzina. Parto in discesa come un proiettile. Riesco a fermarmi prima di investire un inserviente e schiantarmi contro una parete di cartongesso. Miky è bianco come un cadavere. Guarda l'inserviente in cagnesco:«Ma una minchia di ascensore no eh?». Torniamo verso l'entrata percorrendo il giro 'contromano'. Passiamo in mezzo a gruppi di visitatori che si aprono come le acque di fronte a Mosè. Un po' per timore reverenziale (oddio una carrozzina!), e un po' perchè non vogliono rimetterci un piede. Ripetiamo la scenetta iniziale nella stanza della proiezione e ci infiliamo in ascensore. Scendiamo lentamente lungo la rampa a dossi, per non correre rischi. Risalgo poi sul montascale che, altrettanto lentamente (sembra peggiorato), mi porta all'uscita. Altro che mostra, mi sembra di essere uscito da una puntata di giochi senza frontiere. Sono stanco. Arrivo davanti al furgone. Sul parabrezza, sotto a un tergicristallo trovo una multa per divieto di sosta. Il gabbiotto è desolatamente vuoto. 'La controllo io' è sparito nel nulla. Questa la paga l'assessore.